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Giovedì 9 Maggio 2024
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Ultima frontiera della recessione chiudono anche i negozi cinesi

In pochi mesi il 50% delle rivendite di asiatici ha abbassato le saracinsche o si è trasferito in provincia dove gli affitti costano meno

Siracusa, 07/11/2013

L'espansione del mercato cinese nella provincia aretusea sembra ormai essere giunta al capolinea, avviandosi verso quello che pare un periodo di declino.

Oltre il 50% delle attività gestite da asiatici, negli ultimi mesi, ha chiuso i battenti sotto gli attacchi di una crisi generalizzata, che non risparmia alcun settore merceologico. A provare a spiegare l'entità del fenomeno interviene Sandro Romano, presidente provinciale Confcommercio: «Quello della chiusura dei negozi cinesi, prima disseminati sull'intero territorio cittadino con attività anche imponenti, è un fenomeno ben visibile, ma difficile da quantificare. Sono in pochi, infatti, gli asiatici che effettuano la cancellazione dall'albo dei commercianti per cessazione dell'attività. Innegabile, però, il fatto che molti bassi in locazione a cinesi sono oggi sfitti o si accingono a chiudere i battenti».

Quali le cause, dunque, di queste chiusure? «Che il commercio vive una fase di stagnazione - prosegue Romano - è ormai un fatto assodato. La principale difficoltà riscontrata dai negozianti è quella relativa ai costi della locazione, spesso troppo alta rispetto alle possibilità del piccolo imprenditore fagocitato dalla crisi. Una difficoltà che sta portando a ricontrattare con il locatore gli affitti, ma che non sempre sortisce l'effetto sperato di vedersi ridurre l'importo del canone di locazione».

Ecco allora che alcune di queste attività stanno trasferendo la propria sede in provincia, dove i costi sono considerevolmente più bassi, consentendo così un margine di guadagno. Altra causa di queste continue chiusure è la contrazione delle vendite dovute alla maggiore diffidenza con cui i consumatori guardano alle merci, spesso taroccate o comunque prive di qualsiasi certificazione e forma di garanzia e tutela. La consapevolezza di acquistare prodotti il cui funzionamento o utilizzo ha una durata limitata e potrebbe rivelarsi dannoso per la salute, come spesso rilevato da controlli e sequestri da parte delle forze dell'ordine, rappresentano i principali deterrenti all'acquisto.

Ma l'onda lunga della crisi non sembra accontentarsi di travolgere soltanto i negozi degli esercenti cinesi, estendendosi anche tra le bancarelle degli ambulanti che, con regolare licenza, espongono le loro merci alle fiere settimanali dei diversi Comuni della provincia. Paola Gianì, presidente regionale Anva, così interviene: «Molti ambulanti cinesi dicono di voler abbandonare tutto e fare ritorno nel loro paese, ma quest'operazione non si rivela per nulla semplice.

Per poter chiudere bottega e recuperare quel po' di liquidità che consenta di sostenere le spese di viaggio e di non fare rientro con le tasche vuote al paese di origine, bisogna che qualcuno acquisti le licenze delle loro piccole imprese. Cosa, francamente, non facile visto il periodo di crisi, in cui tutti vogliono vendere e nessuno ha intenzione di acquistare».

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