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Commercio, acque agitate il 2014 un Annus Horribilis

Commercio, acque agitate il 2014 un Annus Horribilis

Siracusa, 29/12/2014

E' un anno nero, quello che sta per concludersi, per il commercio siracusano. Dodici mesi da dimenticare per i titolari di attività commerciali: grandi e piccole. Che da tanti, troppi anni - almeno sei - navigano in cattive acque. Finendo il più delle volte inghiottite dalle onde della crisi.

I dati della Camera di commercio, snocciolati dal presidente di Confesercenti, Arturo Linguanti, parlano chiaro: «Dall'inizio dell'anno ai primi giorni di dicembre si registrano 64 cessazioni di attività alimentari e 324 di altro genere, per un totale di 388. Quelle di nuova apertura sono invece 29 nel settore alimentare e 132 in altri: 161 complessivamente. Questo vuol dire che il saldo negativo è di 227».

Numeri allarmanti. Un bollettino di guerra che continua a mietere vittime. Cadute per le cause più diverse. E tra le cause, a detta di Linguanti, ci sarebbe anche l'abusivismo che, complice la crisi, cresce in maniera esponenziale.

«Basti pensare - spiega il presidente di Confesercenti - che nell'area mercatale di piazza Sgarlata ci sono 320 venditori autorizzati. Ma nel mercato gravitano in totale 465 ambulanti. In poche parole è come se gli autorizzati pagassero il 15 o il 20% in più di tasse, dato che devono "dividersi" anche con gli abusivi la cifra che i siracusani decidono di spendere al mercato».

Ma l'abusivismo, assieme alla contraffazione, due fenomeni che spesso vanno a braccetto, davvero rischiano di giocare un ruolo importante nella chiusura di diverse attività commerciali "in regola" del siracusano. Tanto che Linguanti chiarisce: «Abbiamo già chiesto aiuto al prefetto che cper provare ad arginare un fenomeno che non accenna a diminuire. Tutt'altro. Abbiamo massima fiducia nel prefetto ma, se la situazione non dovesse risolversi siamo pronti a rivolgerci anche al procuratore della Repubblica. La legge parla chiaro: in casi simili è previsto il sequestro del mezzo e della merce. E questo deve avvenire. Sempre».

Ma tante e diverse sono le situazioni che hanno messo in crisi il commercio. Prova a elencarle il presidente di Confcommercio, Sandro Romano: «Al di là delle attività che chiudono e di quelle che aprono, ci sono temi davvero importanti da analizzare per comprendere le ragioni più vere e profonde della moria dei negozi di vicinato. Che solo in alcuni periodi ricevono una boccata d'ossigeno grazie ai flussi turistici a dire il vero più per inerzia che per programmazione. Ma questo non basta.

E il presidente di Confcommercio tuona: «L'irresponsabilità della classe politica finisce per uccidere, nel silenzio e nell'indifferenza collettiva, tutte quelle iniziative che potrebbero dare risposte, in termini di occupazione e sviluppo, alla città. Penso per esempio alla Pillirina e ai porti turistici, solo per fare alcuni esempi. E' impensabile che si continui a dire di no a tutto. Soprattutto in un momento in cui si registra un'alta percentuale di disoccupati, 80.000 quelli della provincia - e gli stipendi sono fermi da anni. Mentre tutto aumenta e la tredicesima non basta a pagare le tasse. E' ovvio che in questo modo diminuisce il potere d'acquisto delle famiglie che, sempre più numerose si rivolgono alla Caritas. Fermi al tribunale, poi, si contano ben 500 sfratti esecutivi - continua Romano - senza considerare tutte quelle persone che non percepiscono l'affitto». E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: «Sette anni fa - dice il presidente di Confcommercio - sono state immatricolate 9.200 automobili, l'anno scorso 3.888. Inutile chiedersi perché le concessionarie chiudono. E rispetto a 2 o 3 anni fa si registra un calo delle vendite, che oscilla dal 15 al 60%, ovunque. A risentire meno della crisi è per esempio la benzina con un 25% in meno di erogato, mentre i settori più in sofferenza sono quelli dell'abbigliamento, della gioielleria e degli accessori. Ma ovunque il trend è negativo. Anche nelle sigarette e nei gratta e vinci con un 15% in meno e addirittura nel lievito con un calo del 10%. Questo vuol dire che si fanno meno pane e meno pizze».

Per non parlare poi del mercato immobiliare. «Scomparso» a detta di Romano, il quale conclude: «E' sui temi importanti, come occupazione e sviluppo, che bisogna agire per provare a rimettere in moto il commercio siracusano».

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