Agen: «In Sicilia la Tares più alta così le imprese stanno morendo» | Confcommercio - Imprese per l'Italia - Siracusa
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Agen: «In Sicilia la Tares più alta così le imprese stanno morendo»

Chiederemo a Crocetta di attivare subito un fondo per potere coprire i debiti

Catania, 30/03/2013

Per capire quanto siamo dentro la catastrofe, ma proprio dentro e pure stritolati, basta parlare con il presidente regionale di Confcommercio Rete Imprese Italia, Pietro Agen, lasciare che faccia lui una domanda e che ci dia la risposta.

«Prima di parlare di Tares, di Imu, di Iva, vorrei chiedere se avete idea di quanti commercianti e artigiani nell'ultimo anno non sono riusciti a versare all'Inps i loro contributi. Non quelli dei dipendenti, ma i loro. Provate a chiederlo all'Inps, perché quel dato spiega più di tanti altri il grado di disperazione di chi non riesce più a versare i soldi per assicurarsi la propria pensione. Volete la risposta? Direi che nel commercio siamo al 50% di versamenti effettuati, nell'artigianato anche sotto questa soglia. Una tragedia».

Chiarissimo. La Sicilia che lavora, che produce, che dovrebbe tenere in piedi l'economia, è già affondata, quel che segue rischia di essere nei prossimi mesi l'ultimo atto, quella che Agen definisce «la mazzata finale per un intero comparto». Perché se per un miracolo, meno di questo non potrebbe bastare, non cambia la situazione, non si interviene sulla cascata di supertasse in arrivo, davvero saremo all'irreversibilità degli eventi. La Tares, in questo senso, sta al primo posto. E spiega Piero Agen: «Abbiamo parametrato i dati di regioni del Nord, del Centro e del Sud con quelli della Sicilia. Ovviamente siamo quelli che pagheranno di più. L'aumento rispetto al passato per la tassa dei rifiuti in Lombardia sarà del 293%, in Piemonte del 311%, in Toscana e Lazio del 290%, in Puglia del 309%. In Sicilia siamo al 320%. Un salasso, ma siamo anche di fronte a situazioni che sono davvero paradossali, incredibili e, francamente, ingiustificabili e non spiegabili a chi si troverà a dovere fare i conti con questa tassa».

Conti che sono roba da matti, che si fa fatica a pensare che sono il risultato dell'elaborazione fatta da un governo tecnico, pur comprendendo che eravamo, così come restiamo, in piena emergenza. Ma tra cercare di far quadrare i conti e macellare migliaia di imprese, obiettivamente, ce ne passa. Leggere esempi precisi per capire. «Prendiamo l'esempio della Tares che dovrà pagare in Sicilia chi ha un impianto per l'erogazione di carburanti. Quanta immondizia pensate possa produrre, certo non una grande quantità. Però passerà un impianto di 3000 mq. che considera anche il piazzale, dai 5.461 euro della Tarsu agli 11.229 della Tares. Mille euro al mese, in pratica. E' follia. Un negozio di ortofrutta di 100 mq. pagava 401 euro, passerà a 3038. Quasi 300 euro al mese, quando per una piccola bottega decentrata l'affitto può essere anche di 250 euro. Un negozio di abbigliamento di 200 mq. passerà da 690 euro a 1000. E siamo di fronte ad aumenti del 100% anche per tabaccai ed edicolanti che producono prevalentemente solo carta che è pure riciclabile».

Una mazzata, davvero commercianti e artigiani non hanno la benché minima idea di come devono affrontare questa emergenza supplementare. Oddio, per la verità l'idea c'è. Ed è quella da cui siamo partiti. Se non si versano i soldi della propria pensione, perché non ci sono, come si fa a pagare tasse del genere? Non si pagano.

«Abbiamo fatto il calcolo di Tares, Imu, dell'annunciato aumento dell'Iva: una situazione drammatica per la Sicilia, ma a questo punto direi per tutto il Paese. Se non si interverrà la fine è segnata, non ci vuole molta fantasia per capire che se a giugno si dovranno affrontare tutte queste scadenze, a dicembre saremo ridotti come la Slovenia, la Slovacchia, in pieno default. E' tutto scritto, guardate, lo diciamo ormai da anni, da mesi in maniera insistente, ripetendolo a tutti i nostri interlocutori, al mondo della politica. Siamo dentro il precipizio e scivoliamo sempre più rapidamente. Quando avremo toccato il fondo sarà davvero molto complicato provare a rialzarsi. Resteranno sul terreno migliaia di imprese stecchite, quelle che sono già in agonia».

Quel che c'è da aggiungere, però, dopo essere partiti giustamente dalle tragedie in corso, è che Confcommercio, così come tutte le associazioni di categoria che fanno capo a Rete Imprese Italia, tanto per restare in questa aggregazione del mondo del lavoro, non vogliono morire senza lottare, senza provare a reagire. Così Piero Agen, quando gli chiediamo quanto pesa oggi la solita questione del credito difficile, dei rapporti vicini allo zero tra imprese e banche, spiega che qualcosa si può fare.

«Certo, qualcosa si può fare e la prossima settimana incontreremo ancora il presidente della Regione, Crocetta, per presentare a lui e alla Giunta un nostro progetto. Con cui chiediamo che venga estesa anche al commercio e all'artigianato la norma che esiste già per l'industria per la attivazione di un fondo che consenta un cofinanziamento per consolidare i debiti delle imprese. I soldi ci sono già, quindi il problema non è nemmeno quello delle risorse, perché si tratta di quei sessanta milioni che erano prima depositati alla Banca Nuova e sono poi passati all'Irfis e che sarebbero dovuti servire proprio per finanziare piccole e medie imprese del nostro comparto. Con questi soldi disponibili si potrebbero, appunto, aiutare gli imprenditori alle prese con esposizioni debitorie che sono un massacro».

A proposito di questi soldi, c'è da ricordare che mentre il governo ha anche approvato, tra le pochissime cose che ha fatto, la legge per cui nel comparto della distribuzione alimentare i tempi di pagamento sono ridotti a 30 e 60 giorni, quando si tratta di far funzionare la macchina che dalla politica e dalla burocrazia deve aiutare le imprese i tempi restano quelli biblici. I soldi trasferiti all'Irfis e che stavano già in Banca Nuova dovevano servire a finanziare imprese che avevano anche già, in 160, presentato e avviato le pratiche. Che giacciono lì, inevase.

«Certo, la situazione è ben strana - conclude Piero Agen - se si pensa a come le imprese sono sempre più spremute e hanno imposizioni precise e non differibili per i pagamenti, mentre noi dovremmo dire grazie al governo che ci fa sapere a proposito dei crediti che avanzano le imprese dalla Pubblica amministrazione che ce ne darà il 50% e in due anni. Visioni diametricalmente opposte di debiti, crediti e tempistica di pagamenti».

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