Manovre correttive vade retro: in sei anni di crisi pesantissima che ha stremato imprese e
famiglie, le manovre di finanza pubblica dei vari governi hanno scaricato sul sistema economico ben 56 miliardi di tasse in
più, pari praticamente al 3,5% del Pil. Al netto della manovre, le famiglie si sarebbero invece limitate a pagare appena lo
0,4% di tasse in più l'anno, invece dell'1,6% annuo di aumento causato da tale aggravio. A fare i conti è uno studio
Confcommercio-Cer dal quale emerge che nel comporre un tale macigno la fiscalità locale ha un ruolo non da poco.
A
fine 2012 il livello di tasse locali è lievitato del 5,6% rispetto al 2008, e del 13% rispetto al 2009. E dal ‘90 è stato un
vero e proprio boom. «Nell'affollata arena fiscale i tributi locali hanno fatto la parte del leone. Il prelievo è cresciuto
nel 2012 del 7,8% sul 2011, e del 650% rispetto al 1990» denuncia il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli dal
tradizionale Forum di Cernobbio. Ciò «ha aggravato la crisi economica e ha creato un clima di incertezza» vedi il travagliato
passaggio Imu-Tasi. Tanto che in sei anni, dal 2008 al 2013, tra imposte dirette e indirette, il potere d'acquisto delle
famiglie si è prosciugato complessivamente per oltre 70 miliardi di euro.
Confermano i consumatori: «Dall'ingresso
nell'euro, la perdita secca del potere di acquisto (tardivamente riconosciute dalle statistiche ufficiali) è stata pari
11.054 euro per ogni famiglia (24 milioni), con un trasferimento di ricchezza stimato in 265,3 miliardi di euro, uscite dalle
tasche dei consumatori e finite in quelle che hanno avuto la possibilità di determinare prezzi e tariffe, al riparo da
controlli contigue autorità di settore» denunciano Adusbef e Federconsumatori.
Per questo eccesso di tassazione, dal
2008 le famiglie - spiegano Confcommercio-Cer - hanno subito in media un prelievo aggiuntivo di 10 miliardi l'anno cui si
devono aggiungere altri 11 miliardi di perdita di potere d'acquisto a causa dell'incremento dell'inflazione determinato
dall'aumento delle imposte dirette. E se le tasse locali battono quelle centrali per carico di prelievo, la batosta si
abbatte paradossalmente di più sui territori meno sviluppati.
Insomma più è bassa la base imponibile, più l'Erario
si accanisce. Non solo, la Confcommercio prevede che l'andazzo non si fermerà, anzi, il trend in prospettiva è «destinato ad
acuirsi». Tra il 2008 e il 2012 - dice l'Ufficio studi - il prelievo locale è aumentato del 5,6%, a fronte del +3,8% del
livello centrale. Ora molti Comuni «dovranno aumentare ulteriormente le tasse per trovare i 2,2 miliardi necessari a far
quadrare i conti nel passaggio Imu-Tasi». Tradotto in percentuali, dal 1990 il peso del fisco locale in rapporto al Pil si è
più che triplicato, passando dal 2,1% al 7%. «L'assenza di un efficace coordinamento tra diversi livelli di governo comporta
un incremento fuori controllo del carico fiscale complessivamente supportato da famiglie e imprese» dice Sangalli. Insomma: i
prelievi sono tanti, ma la tasca del contribuente è sempre quella.
Per questo il presidente dei commercianti boccia
senza appello «questo federalismo incompiuto e disordinato» che necessita «di una profonda revisione. Chiediamo al governo -
è l'appello da Cernobbio - di procedere con decisione in questa direzione per restituire fiducia e risorse alle famiglie e
alle imprese».