A Palermo e Catania chiudono gli italiani aprono gli stranieri | Confcommercio - Imprese per l'Italia - Siracusa
Mercoledì 3 Luglio 2024
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A Palermo e Catania chiudono gli italiani aprono gli stranieri

Le cifre. Stanno investendo in questa fase critica soprattutto i marocchini, che hanno aperto nel 2012 il 28,6% delle attività avviate nella regione

Catania, 25/04/2013

Chiudono gli italiani, aprono gli stranieri. Funziona, più o meno, così, stando ai dati che poco tempo fa sono stati forniti dalle Camere di Commercio, sia a livello nazionale che a livello regionale, anche in Sicilia. La crisi soffoca il nostro sistema delle imprese, soprattutto piccole e medie, azzanna ogni giorno altri esercizi commerciali, anche nel settore della ristorazione che, tradizionalmente, in alcune città dell'Isola rappresentava una forza, mette globalmente al tappeto la resistenza del tessuto socio economico. Nel frattempo, però, qualcosa si muove, ma parla un'altra lingua.

Per la verità dopo un paio di ondate massiccie e qualche vampata, adesso anche le aperture di negozi gestiti da extracomunitari e stranieri in genere sta un po' segnando il passo, eccezion fatta per le attività dei cinesi che, bene o male, soprattutto nelle grandi città continuano ad acquistare immobili, negozi, depositi, occupando commercialmente intere strade, interi quartieri, notevoli pezzi dei tradizionali mercati.

Nel 2012 in Sicilia, sono state aperte da stranieri 22.304 attività. I dati camerali spiegano che più del doppio di queste imprese sono concentrate nel commercio, con 4.870 esercizi, pari al 14,3% del totale, seguite dal turismo (168, pari al 3,7%). E il ventiduesimo dossier statistico della Caritas Migrantes sempre del 2012, ha anche evidenziato che i cittadini stranieri che tendono ad investire di più in Sicilia sono quelli del Marocco (28,6%), poi i cinesi (19,6%) e gli immigrati del Bangladesh (17,1).

Come detto, però, tutto ciò sta avvenendo con una concentrazione particolarmente elevata soltanto nelle due grandi città, Palermo e Catania, dove, nonostante la crisi, continua ad esserci un movimento commerciale che spinge gli immigrati che ne hanno la possibilità ad investire per aprire le loro attività. Così come, del resto, centinaia di coraggiosi commercianti siciliani continuano a tentare di resistere e a fronte della chiusura di tantissimi negozi, attività anche storiche, qualcosa si muove, qualcuno riapre, alcuni ci tentano.

«A Catania - spiega Francesco Sorbello, di Confcommercio rete Imprese Italia - c'è una crescita di presenze di attività commerciali di cittadini di nazionalità cinese, così come di negozi che si dedicano quasi esclusivamente alla vendita di oggetti etnici aperti o gestiti da cittadini extracomunitari, marocchini, nigeriani, senegalesi».

Molte di meno a Catania, invece, le attività legate alla ristorazione (come spieghiamo dettagliatamente nel servizio dedicato alla città etnea), così come, del resto, sembra non decollare il settore del food straniero anche in altre cittù importanti del Distretto del Sud Est, da Siracusa a Ragusa.

«A Siracusa in effetti - dice il presidente di Confcommercio, Sandro Romano - non solo non registriamo un exploit di aperture di attività commerciali di stranieri, ma, perfettamente in linea con la crisi che attanaglia tutti, alcuni negozi aperti anche nelle vie del centro da cinesi, hanno finito con il chiudere i battenti. Parliamo di negozi di abbigliamento, di bigiotteria, quelli tradizionalmente aperti da cinesi, che hanno chiuso i battenti. Ma anche nel settore della ristorazione non va meglio. Basti pensare che a Siracusa, anche nella zona del centro storico, hanno aperto e chiuso nel giro di pochi mesi due attività che vendevano kebab, una accanto al Ponte Umbertino e una dentro Ortigia». Insomma, là dove la crisi, come sta capitando a Siracusa, travolge tutti e tutto perché attacca inesorabilmente il settore industriale, quello turistico, quello dell'agroindustria, le conseguenze sul commercio risultano devastanti.

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